È sufficiente una ricompensa in denaro per “invogliare” qualcuno a risolvere i propri problemi di udito? Potrebbe sintetizzarsi in questo modo la premessa piuttosto provocatoria di uno studio condotto da un’equipe di ricercatori olandesi, svedesi e danesi. 

Dopo aver dimostrato in una ricerca precedente che una ricompensa materiale potrebbe effettivamente tradursi in un maggiore sforzo di ascolto, così come evidenziato dai riscontri ottenuti sulla dilatazione della pupilla dei partecipanti al test, gli autori volevano ulteriori conferme su questo esito, oltre a verificare l’eventuale incidenza della prospettiva di guadagno sulle capacità di ricezione del parlato e sulle prestazioni della memoria di riconoscimento. Quest’ultima è quella capacità di ricordare una particolare scena a partire da un piccolo dettaglio, in questo caso una frase pronunciata a partire da una specifica immagine.

Soldi e capacità di ricezione del parlato: lo studio

Gli autori hanno sottoposto 24 giovani adulti ad alcuni test per valutare la loro soglia di ricezione del parlato. I partecipanti sono stati chiamati al riconoscimento di frasi pronunciate in diverse condizioni d’ascolto, sia facili che difficili (attraverso l’utilizzo di appositi mascheratori). E quando c’era da complicare ulteriormente il compito dei volontari, gli autori hanno fatto pronunciare le frasi ad una donna vestita da uomo in modo tale da fornire elementi visivi contrastanti e, di conseguenza, rendere più attendibili i riscontri uditivi. 

Ai partecipanti è stata prospettata la possibilità di guadagnare ricompense alte o basse in base al livello di performatività e ai risultati ottenuti. Per valutarne le prestazioni, i ricercatori hanno misurato la dilatazione della pupilla durante l’ascolto, l’attività di riconoscimento visivo delle frasi e la capacità di comprensione del parlato.

Gli esiti

A differenza dei risultati ottenuti nella precedente ricerca, la ricompensa monetaria non ha influito sullo sforzo di ascolto dei partecipanti. È stata, invece, confermata l’irrilevanza dei soldi sulle capacità di riconoscimento della frase

Secondo gli autori, le alterazioni riscontrate sia nella capacità di comprensione del parlato, sia nello sforzo di ascolto, erano associate alla difficoltà del compito più che alla prospettiva di guadagnare soldi. 

“L’effetto della ricompensa monetaria sullo sforzo di ascolto – precisano gli autori – è molto probabilmente correlato ai cambiamenti nel livello di impegno del compito. Ciò è in linea con i risultati dell’analisi GAMM (misurazione della dimensione della pupilla) che mostrano un effetto osservabile della ricompensa solo per le difficili condizioni di ascolto in cui il coinvolgimento del compito era più significativo”.

In altre parole: più il compito era difficile, più le pupille erano dilatate, indipendentemente dalla posta in palio. 

Invece, per quanto riguarda la memoria visiva, lo studio non è riuscito a dimostrare un’associazione diretta tra remunerazione economica e capacità di apprendimento. “L’attuale studio non ha mostrato alcun effetto della ricompensa sul riconoscimento visivo della frase, anche se la ricerca precedente ha mostrato che è più probabile che gli stimoli preceduti da una ricompensa più alta vengano ricordati”, affermano gli autori, i quali – però – rimandano a ricerche future l’obiettivo di chiarire con maggiore precisione i dettagli di questa eventuale correlazione.

Insomma, quello che emerge dagli esiti di questa interessante ricerca è che il denaro non può comprare tutto. E che per i problemi di udito non c’è motivazione economica che tenga: per migliorare le proprie capacità d’ascolto, l’unica cosa da fare è rivolgersi ad uno specialista.

FONTE: Hearing Research 

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